mercoledì 7 settembre 2011

ANNO NUOVO, SCUOLA VECCHISSIMA - Prima Parte

Gentile - Gelmini
A che serve la scuola? A preparare le nuove generazioni ad affrontare le sfide del futuro. Bene, ma mi spiegate come si pretende di farlo con gli strumenti del passato remoto?
A breve milioni di studenti varcheranno la soglia fatidica dell’istruzione primaria, elementare per noi vecchi, e cosa si porteranno nei loro zaini griffati fiammanti e sovradimensionati che i genitori si trascineranno faticosamente fuori dalle auto parcheggiate in seconda fila di fronte alla scuola? Quintali di carta e litri di inchiostro. Come i loro trisavoli se molto fortunati, bisnonni se fortunati, nonni e come me.
Datemi una sola ragione, funzionale, non nostalgica, per la quale abbia ancora un senso l’apprendimento in via prioritaria della scrittura manuale tramite matita a grafite (inventata nel 1500, in uso da più di 500 anni) o tramite penna a sfera (brevettata nel 1943, in uso da quasi 70 ormai). Datemi una sola ragione per la quale abbia ancora un senso l’utilizzo in via prioritaria dei libri di testo cartacei (il primo libro stampato di cui si abbia notizia risale all’anno 848).

Riuscite a scovare un altro ambito della vita sociale o privata di ciascuno di noi in cui vengano ancora utilizzate applicazioni tecnologiche così datate, se non per attività fine a se stesse, ricreative o animative ad esempio. Alla stessa stregua potremmo andare a scuola in calesse, cucinare a legna e dimenticarci la TV, i piccioni viaggiatori non erano poi male... altro che i cellulari. I “nativi digitali” però vivranno nel domani.
Eppure nel settore chiave per la civiltà, per tutte le civiltà, quello del passaggio dei saperi da una generazione all’altra, lo Stato non riesce a proporre nulla di meglio. Nella migliore delle ipotesi si preoccupa e si vanta di insegnare ai ragazzi come si usa un pc nell’aula di informatica, quando c’è… giusto un’oretta alla settimana. E dove lo troviamo poi il tempo per le tabelline?
La scuola italiana affonda le sue radici nel modello strutturato nel 1923 da Giovanni Gentile (1875-1944), filosofo neoidealista, Ministro della Pubblica Istruzione del governo fascista di Benito Mussolini. Sospendiamo il giudizio globale sul Gentile politico e concentriamoci sulla sua celeberrima riforma, “la più fascista delle riforme” secondo lo stesso Mussolini che poi, a onor del vero, cambiò presto idea a proposito.
Nella visione gentiliana l’organizzazione della scuola prevedeva un ordinamento gerarchico e centralistico; sostanzialmente una scuola per i migliori che proponeva un orientamento umanistico di stampo classico, previsto per i futuri dirigenti, dalle menti aperte, ed un orientamento professionale per tutti gli altri, ottusi evidentemente, i lavoratori. Tale impostazione traduceva la concezione idealista del mondo strutturato per gerarchie valoriali quindi per gerarchie sociali e per coerenti gerarchie di saperi.
Le conoscenze perciò si sedimentano, si sovrappongono, si approfondiscono e si stratificano nella progressione dei diversi cicli scolastici mirando all’accumulo dei saperi. Cosa che sostanzialmente accade ancora oggi e che giustifica l’uso delle tecnologie di allora, nonostante le successive riforme.
Peccato che oggi il sapere, tutto il sapere, sia a portata di click (anche se non per tutti purtroppo) e nessuno a scuola ci insegni come raggiungerlo, gestirlo e sfruttarlo per la crescita nostra e della società in cui viviamo. Insomma, come scolari nasciamo già vecchi, anzi vecchissimi. Siamo appiattiti sull’unico modello di scuola e di insegnamento che da anni ci sorbiamo silenziosi, come se non vi fossero alternative, come se fosse scolpito ed ineluttabile ma così non è

1 commento:

  1. in effetti metterei l'evidenziatore più sulla modalità di insegnamento che sui supporti tecnologici. La stratificazione del sapere di cui parla Luca è veramente deleteria. Sapere e fare, sapere ed essere, la Scuola dovrebbe riuscire ad integrare questi due aspetti, oggi così distanti.
    Non sarebbe male mettere insieme lezioni teoriche con attività pratiche: e non intendo i "laboratori" di chimica (dove non ci facevano prendere in mano niente!), un bell'orto scolastico e... giù di zappa :)

    FedePalla

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